Dalle acque sotterranee del Carso emergono in superficie i laghi di Doberdò e Pietrarossa. Alimentati da un articolato sistema idrico, presentano la suggestiva particolarità di ‘scomparire e riapparire’ a seconda della variabilità delle precipitazioni. Situati in una riserva di 726 ettari situata fra le alture carsiche alle spalle di Monfalcone, offrono percorsi ricchi di sentieri escursionistici, due centri visite e punti di ristoro.
L’area archeologica si trova in prossimità delle risorgive del Timavo, all’interno del parco dell’acquedotto “Giovanni Randaccio”, dove è emersa casualmente; è stata indagata a più riprese fra gli anni Settanta e gli anni Novanta del secolo scorso.
L’edificio si estendeva sul fianco di un’altura carsica e si articolava in ambienti disposti su tre livelli che ne seguivano la pendenza, in parte incassati nei gradoni ricavati dallo scavo della roccia di base, in parte fondati su livellamenti.
Lo scavo ha riportato alla luce la porzione a monte (40 vani, per una superficie di circa 1300 mq) di una struttura residenziale della quale sono invece ignoti i limiti sud-ovest e sudest; in questa fascia la lettura dei resti è anche ostacolata dall’emersione dell’acqua di falda, alimentata dalle sorgenti carsiche.
L’ampiezza del complesso e la vicinanza a uno degli snodi viari più importanti della strada che da Aquileia si dirigeva a Tergeste (Trieste) hanno portato alla sua interpretazione come mansio, ovvero come una delle stazioni di sosta che erano collocate lungo le vie a distanza regolare, per il riposo dei viaggiatori e degli animali. Un apprestamento di questo genere è peraltro segnalato nella zona dalla Tabula Peutingeriana, copia medievale di un itinerario dipinto di età romana.
La villa/mansio è databile, nella prima delle sue quattro fasi, entro la metà del I secolo a.C.; particolarmente rilevante appare la successiva ristrutturazione in epoca augustea (27 a.C. – 14 d.C.), quando le stanze vennero rivestite da mosaici bianchi e neri con motivi a crocette, a stelle, a losanghe, a mura merlate. Fra la fine del I e gli inizi del II secolo d.C. fu effettuato un ampliamento e alcuni vani furono dotati di riscaldamento a pavimento e a parete tramite intercapedini e tubi per il passaggio dell’aria riscaldata da una caldaia, ma già dopo un secolo un settore fu abbandonato.
Nell’ultima fase, protrattasi fino al III/IV secolo d.C., l’area fu rimaneggiata con la posa di alcuni pavimenti a cubetti di cotto e l’impianto di strutture di tipo produttivo (alcune vasche e un focolare).
testo: Paola Ventura
villa romana del Randaccio – foto progetto 3d Lacus
Costruito in epoca protostorica con funzione difensiva e sito in posizione strategica, il castelliere faceva parte di una rete di comunicazione tra i vari altri villaggi protostorici. La Rocca, invece fu edificata durante il medioevo e, oggi ospita un museo che conserva reperti e materiali relativi alla geologia dell’ambiente carsico.
Quale tradizione vitivinicola nella pianura goriziana, ossia nella zona a denominazione di origine controllata dell’Isonzo?
Antichissima senza dubbio: è risaputo, infatti, che la coltura della vite ebbe diffusione nella nostra regione ad opera dei coloni romani che, dopo la fondazione di Aquileia (181 a.C.) s’insediarono nella pianura retrostante e quindi nel rimanente territorio dell’attuale Friuli.
Ma sembra che già i primi abitanti di queste contrade -e qui entriamo nella leggenda: parliamo degli Eneti, popolo dedito principalmente all’agricoltura- avessero importato la vite dalla Grecia arricchendo così la loro agricoltura di questa importantissima pianta.
Il commercio dei prodotti della terra, infatti, doveva essere già a quel tempo molto frequente, se molti storici attribuiscono l’origine del nome Isonzo, dato al fiume principale, dal nome celtico “Esus“, considerato il protettore del commercio fluviale.
Tra gli scrittori più antichi testimoni della presenza e della rinomanza del vino della pianura goriziana possiamo citare Plinio il Vecchio che nella sua “Storia Naturale” XIV/6 nomina il Nobile Vino Pucinum. Lo storico Giuseppe Berini nella sua “Indagine sullo stato del Timavo e delle sue adiacenze al principio dell’Era Cristiana” stampata nel 1826 dice che nel 990 di Roma (237 d.C.) per ritardare l’avanzata del tiranno Massimino, gli Aquileiesi demolirono il ponte sull’Isonzo e Massimino lo sostituì con, “Vuoti arnasi di vino legati assieme e coperti di terriccio e fascine” raccolti nella pianura circostante.
Un altro storico Basilio Asquini nel suo “Ragguaglio geografico del territorio di Monfalcone nel Friuli” (Udine 1741) descrive il fiorire della vite:
“… ma in niuna cosa spicca maggiormente la meravigliosa attività di questo terreno, che nella produzione delle piante, le quali ben nutrite e perciò ricche, grosse e si incontrano quasi in ogni luogo: Singolarmente le Viti, delle quali ne di più Folte ne di più Feconde crediamo che in Tutto il Suo Impero possa Bacco vantare… Conservarsi inoltre agevolmente da un anno all’altro Senza Riportare dalla Stagione Calda ALCUN NOCUMENTO: qualvolta però serbati sieno in Fresche e Ben Custodite Cantine. Ne’ tacere dobbiamo un Gran Privilegio, che mercè detti vini si godono quei abitanti, cioè di non essere mai soggetti alli calcoli…'”
Esistono documenti che parlano di vitigni tuttora coltivati, nel secolo 17° quando l’imperatore Leopoldo I donò il feudo di Cormòns alla famiglia Locatelli e precisamente la Tenuta di Angoris, già si nominano la Ribolla, il Refosco e il Verduzzo, questi ultimi due, attualmente, a Denominazione di Origine Controllata “Isonzo”.
a cura dell’agronomo, enologo e giornalista Claudio Fabbro
Venerdì 2 luglio 2021, presso la Casa della Musica, nel centro storico di Grado [Piazza Biagio Marin,2], sarà inaugurata alle ore 19.00 la mostra archeologica ed etnografica Un mare di risorse. Storie di pesca e pescatori nell’Alto Adriatico dall’età romana al Novecento, che sarà visitabile fino al 15 agosto 2021 tutti i giorni con orario 19.00-22.30.
Il Progetto
Il progetto da cui nasce l’iniziativa è incentrato sul tema della pesca e delle altre forme di sfruttamento delle risorse marine dall’antichità ai giorni nostri. L’intento è quello di valorizzare e divulgare il patrimonio delle conoscenze, dei saperi e delle tradizioni legate a questo tema nell’area adriatica nordorientale mettendone in evidenza specificità, continuità e tratti condivisi tra realtà limitrofe.
La mostra intende far immergere il visitatore nel mondo della pesca e dei suoi valori negli ultimi duemila anni, in un continuo viaggio tra passato e presente. Il racconto si focalizza sull’area nordadriatica, dalle Lagune di Marano e di Grado a Pirano, caratterizzata da una grande varietà di habitat e di paesaggi.
L’itinerario di visita illustra la pesca e le altre forme di utilizzo delle risorse marine del nostro mare in epoca romana e medievale mediante l’esposizione, da un lato di reperti archeologici (resti di pesci e molluschi rinvenuti negli scavi, strumenti, contenitori…) che ne danno testimonianza diretta, dall’altro di manufatti antichi che documentano iconograficamente gli aspetti legati a quest’attività (mosaici, oggetti d’uso comune e oggetti preziosi quali gemme e ambre). Al contempo le medesime tematiche vengono trattate anche per l’età moderna e contemporanea tramite la presentazione di beni etnografici rappresentati da strumenti, oggetti, fotografie; in questo caso costituiscono una delle “voci narranti”anche alcuni interessanti documenti appartenenti all’Archivio Storico del Comune di Marano Lagunare.
Nel corso dei millenni le tecniche di pesca sono divenute via via più elaborate anche grazie alla realizzazione di strumenti più efficienti, mantenendo tuttavia una forte aderenza ai caratteri della tradizione. Oggi come ieri, cosa e con quali metodi si pesca? Come si allevano pesci e molluschi? Quali altri usi hanno questi ultimi, oltre a quello alimentare? Come è cambiata l’alimentazione basata sui prodotti del pescato? Qual è la valenza simbolica degli organismi marini? Com’è il mestiere del pescatore? Molte sono le domande a cui le varie testimonianze presentate nella mostra contribuiscono a dare risposta.
L’obiettivo è quello di valorizzare e far conoscere al pubblico un aspetto importante dell’economia del territorio altoadriatico approfondendo tutte le sue molteplici espressioni, implicazioni, prassi, saperi e seguendone le trasformazioni avvenute dall’antichità ai giorni nostri tra tradizione e innovazione.
L’esposizione, a cura di Paola Maggi, Renata Merlatti e Gabriella Petrucci, è stata realizzata grazie alla collaborazione del Comune di Grado, della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia, della Direzione Regionale Musei del Friuli Venezia Giulia, della Soprintendenza Archivistica del Friuli Venezia Giulia, del Comune di Marano Lagunare e di numerosi enti museali della regione e della Slovenia che hanno prestato beni – per lo più inediti – provenienti dalle loro collezioni: il Museo Archeologico Nazionale di Aquileia, il Museo Nazionale di Archeologia Subacquea di Grado, il Civico Museo d’Antichità J.J. Winckelmann di Trieste, il Civico Museo del Mare di Trieste, il Museo del mare “Sergej Mašera” di Pirano, lo Slovenski Etnografski Muzej di Lubiana, il Museo della Pesca del Litorale triestino di Santa Croce (TS), il Museo Archeologico della Laguna di Marano, l’Antiquarium della villa romana di Ronchi dei Legionari, l’Associazione Archeosub di Marano.
Vi proponiamo l’articolo comparso sul Piccolo, a firma di Laura Blasich, sull’inaugurazione della mostra fotografica permanente “Monfalcone nostra. Una storia che si perde nel tempo”, visitabile nell’atrio del Municipio di Monfalcone durante gli orari di apertura del palazzo.
La mostra, curata da Flavio Snidero, vicepresidente di Obbiettivo Immagine e autore di alcune delle fotografie esposte, ripropone scatti realizzati in seno al progetto SottoMonfalcone e racconta oltre venti secoli di storia cittadina.
L’associazione culturale Lacus Timavi ha il piacere di invitarvi alla presentazione del libro “SottoMonfalcone. Alla scoperta della città e del territorio tra Timavo e Isonzo”, a cura di Paola Maggi, Renata Merlatti e Gabriella Petrucci e con le foto dei fotoamatori dell’associazione Obbiettivo Immagine di Gradisca d’Isonzo, che avrà luogo il giorno 23 settembre alle ore 19.00 a Monfalcone presso la Sala Consiliare (ingresso dalle ore 18.30).
L’evento si terrà nell’ambito del Festival letterario Geografie, organizzato dal Comune di Monfalcone, il cui programma completo è consultabile alla pagina web dedicata https://geografiemonfalcone.it/. L’accesso alla sala è a numero limitato.
Sabato 30 maggio, alle ore 11, si inaugura presso il Museo della Cantieristica di Monfalcone la mostra fotografica ‘Una Storia per Immagini’, arricchita dalla sezione ‘Storie nella Storia’, dedicata alla spada medievale di Monfalcone e all’imbarcazione romana rinvenuta nei primi anni ’70 durante uno scavo condotto a breve distanza dalle Terme Romane.
Dopo un lungo periodo di interruzione imposto dai noti accadimenti pandemici, la mostra fotografica itinerante ‘Una Storia per Immagini – Viaggio nel tempo e nei luoghi tra Timavo e Isonzo‘, curata dall’Associazione Obbiettivo Immagine di Gradisca, è finalmente visitabile presso il Museo della Cantieristica di Monfalcone, da venerdì 22 maggio a domenica 28 giugno 2020. L’inaugurazione è prevista per sabato 30 maggio, alle ore 11.00.
È inoltre predisposta un’ulteriore sezione espositiva , curata dalle archeologhe Paola Maggi, Renata Merlatti e Gabriella Petrucci e realizzata grazie alla proficua collaborazione tra il Comune di Monfalcone e la Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia, ove il pubblico potrà per la prima volta ammirare dal vivo la spada quattrocentesca rinvenuta nel corso degli scavi archeologici condotti nell’area sotto il Municipio della città.
Il reperto è stato recentemente valorizzato da un attento e laborioso restauro condotto presso il Museo Archeologico Nazionale di Aquileia da Daniele Pasini, a seguito di un accordo fra la stessa Soprintendenza e il Polo Museale del Friuli Venezia Giulia.
Questi due enti hanno inoltre reso possibile l’esposizione -anche in tal caso in prima assoluta a Monfalcone- di una pannellatura dedicata alla straordinaria scoperta della ‘nave del Lisert‘, attualmente conservata al Museo di Aquileia ma non accessibile al pubblico.
Del relitto si potranno ammirare le splendide fotografie appositamente realizzate da Flavio Snidero che, assieme a immagini d’archivio, consentono di conoscere il contesto di rinvenimento e di apprezzare i particolari della tecnica costruttiva dell’imbarcazione.
#ripartiamosicuri: informazioni per l’accesso dei visitatori MuCa-Museo della CantieristicaVia del Mercato, 3 Panzano -34074 Monfalcone
VEN 10.00-18.00 (da lunedì 1 giugno, 10.00-19.00)
SAB 10.00-18.00 (da lunedì 1 giugno, 10.00-19.00)
DOM 10.00-18.00 (da lunedì 1 giugno, 10.00-19.00)
LUN 10.00-19.00
L’accesso sarà contingentato e regolato all’ingresso dal personale del museo che accompagnerà i visitatori per tutto il percorso di visita.
Gli accessi saranno consentiti ogni ora alle 10.00 – 11.00 – 12.00 – 13.00 – 14.00 – 15.00 – 16.00 – 17.00 e con l’orario estivo anche alle 18.00 per un massimo di 6 persone a cadenza oraria.
Per prenotazioni info@mucamonfalcone.it o 0481494901
All’interno del museo sarà consentita la presenza di un massimo di 12 visitatori scaglionati nelle fasce orarie previste.
Ricordiamo che anche al museo, così come in tutti i locali pubblici è obbligatorio l’utilizzo della mascherina.
invito alla visita
foto archivio Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia e Flavio Snidero
si ringrazia Elia Snidero per la collaborazione
Sabato 8 febbraio 2020 l’Associazione culturale Lacus Timavi, nell’ambito delle iniziative previste dal progetto ‘SottoMonfalcone. Storia, archeologia e paesaggio nel territorio tra il Timavo e l’Isonzo’, organizza un Open day alla scoperta di luoghi storici, noti e meno noti, della città di Monfalcone.
A partire dalle ore 9.00 e con partenze ogni ora (10.00 e 11.00), con ritrovo presso il Municipio di Monfalcone, si potranno effettuare due passeggiate organizzate in collaborazione con il Comune di Monfalcone, con l’Istituto Statale di Istruzione Superiore ‘Sandro Pertini’ e con l’Associazione ‘Galleria Rifugio’ di Monfalcone.
>>La prima è una passeggiata alla scoperta della Monfalcone medievale, che si terrà a cura degli alunni della 3BET indirizzo Turistico dell’I.S.I.S. Sandro Pertini di Monfalcone e comprenderà l’illustrazione dei resti archeologici sotto il Municipio e la visita alla collezione archeologica conservata nel Palazzetto Veneto. La visita sarà supportata dalle archeologhe Paola Maggi, Renata Merlatti e Gabriella Petrucci, coordinatrici del progetto.
>>Il secondo itinerario di visita prevede una passeggiata storica nei luoghi delle due Guerre a Monfalcone, che verrà condotta dal ricercatore Pietro Commisso dell’Associazione ‘Galleria Rifugio’ di Monfalcone.
All’Open-day forniscono preziosa collaborazione la Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio FVG, il comune di Monfalcone e l’I.S.I.S. ‘Sandro Pertini’ di Monfalcone.
L’iniziativa è gratuita. Per informazioni e prenotazioni (obbligatorie nel caso di gruppi) scrivere a: sottomonfalcone@lacustimavi.it.
Progetto SottoMonfalcone | incontro pubblico presso la villa romana della Liberta Peticia, a Staranzano
Nella significativa cornice della villa romana di Staranzano, sabato 5 ottobre 2019 alle ore 11.00 le archeologhe Paola Maggi, Renata Merlatti e Gabriella Petrucci saranno presenti per una chiacchierata sulle principali testimonianze di epoca romana nella parte orientale dell’antico territorio aquileiese.
Si parlerà delle ‘tracce”’lasciate da chi viveva qui circa 2000 anni fa, segni a volte evidenti, a volte labili, che ci raccontano come il paesaggio si presentava in età romana.
Saranno illustrate le modalità di insediamento in quest’area: vie di comunicazione, infrastrutture, ville, necropoli.
Numerosi reperti ci illustrano poi la vita quotidiana del tempo.
L’incontro, aperto a tutti, costituisce una delle prime iniziative del progetto ‘SottoMonfalcone. Storia, archeologia e paesaggio nel territorio tra il Timavo e l’Isonzo’ promosso dall’Associazione Culturale Lacus Timavi di Monfalcone e finanziato dalla Regione Friuli Venezia Giulia nell’ambito del Bando Regionale per gli incentivi annuali 2019 a favore della promozione delle attività culturali di divulgazione della cultura umanistica.
Il progetto mira a trasmettere a un ampio pubblico le conoscenze sui luoghi e sulle testimonianze di interesse storico, archeologico e paesaggistico di Monfalcone e del comparto territoriale circostante, dal mare ai rilievi carsici. L’intento è quello di raccontare in modo nuovo, attraverso una pubblicazione a carattere divulgativo, lo sviluppo storico del territorio dall’antichità a oggi, suggerendo allo stesso tempo nuove modalità di visita di luoghi conosciuti o meno noti.
Tra le altre attività previste dal progetto si segnala una mostra fotografica itinerante in cui verranno esposte immagini delle ricchezze culturali del territorio; saranno inoltre proposti degli “open days”, giornate dedicate a visite guidate aperte al pubblico alla scoperta dei luoghi di rilevanza storica e naturalistica.
Queste ultime iniziative, così come l’accesso ai documenti d’archivio e ai risultati delle ricerche condotte nel territorio, sono rese possibili grazie alla preannunciata collaborazione con la Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia.
Grazie al recente scorrimento della graduatoria regionale relativa al bando per gli incentivi annuali a favore della promozione delle attività culturali – iniziative progettuali riguardanti manifestazioni di divulgazione della cultura umanistica, il progetto “SottoMonfalcone. Storia, archeologia e paesaggio nel territorio tra il Timavo e l’Isonzo”, presentato dall’associazione culturale Lacus Timavi quale capofila, rientra tra quelli ammissibili e finanziabili.
Tale progetto si propone di valorizzare la ricchezza delle evidenze archeologiche, storiche e naturalistiche del territorio tra il Timavo e l’Isonzo, con un particolare focus sull’area urbana di Monfalcone. L’obiettivo è di trasmettere a un ampio pubblico le conoscenze disponibili sui luoghi e sulle testimonianze di interesse storico e archeologico presenti a Monfalcone e nel comparto territoriale circostante.
Il prodotto principale sarà una pubblicazione a carattere divulgativo sull’archeologia e sulla storia di Monfalcone e dei comuni circostanti dall’antichità all’età moderna, con un’attenzione particolare alle trasformazioni avvenute nel paesaggio naturale e antropico.
L’intento è quello di costruire e divulgare, attraverso diversi prodotti e con la massima attenzione alla scientificità dei contenuti, una narrazione d’insieme dello sviluppo storico, dall’antichità a oggi, di un territorio connotato da una certa omogeneità di espressioni culturali.
L’analisi dei dati – spesso frammentari e conosciuti solo dagli specialisti – che provengono da numerose ricerche di archeologia del paesaggio e da indagini di scavo condotte nell’area, è in grado di gettare nuova luce sulle trasformazioni culturali, sociali e ambientali nel divenire di millenni.
In questa foto datata 1965, si nota il Monumento ai Caduti della Grande Guerra, inaugurato nel 1923 e in seguito smontato in blocchi per lasciar spazio agli stabilimenti della nascente area industriale del Lisert.
Fu poi riassemblato dapprima in zona Tavoloni, a lato della strada statale e poi nell’area del Parco della Rimembranza.
La sua collocazione definitiva lo vede dal 2003 a breve distanza dalle Terme di Monfalcone, in via Timavo.
L’eccezionalità della foto, che lo ritrae nella sua primitiva collocazione, risiede nel fatto che sia stata scattata dalla sommità del monte ‘della Punta’, la ‘quota 12’ che designava il punto apicale di una delle due Insuale Clarae di delimitazione dell’antico lacus Timavi, spianate in parte o totalmente -come in questo caso- per ottenere nuovi terreni da destinare all’industria.
Dalla foto si notano sulla sinistra pure i ruderi della fornace presente in zona e il Locavaz.
Il monumento è realizzato in blocchi di pietra d’Aurisina, su progetto dell’architetto Guido Cirilli che per molti anni è stato insegnante e anche presidente dell’accademia di Belle Arti di Venezia e direttore della Scuola superiore d’Architettura.
(dalla monografia ‘La mancata conquista di quota 28 del Timavo nel 1917’ di Abramo Schmid)
il Monumento ai Caduti
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