cenni a storia e tradizione della vitivinicoltura nella D.O.C. “Isonzo”

cenni a storia e tradizione della vitivinicoltura nella D.O.C. “Isonzo”

Quale tradizione vitivinicola nella pianura goriziana, ossia nella zona a denominazione di origine controllata dell’Isonzo?

Antichissima senza dubbio: è risaputo, infatti, che la coltura della vite ebbe diffusione nella nostra regione ad opera dei coloni romani che, dopo la fondazione di Aquileia (181 a.C.) s’insediarono nella pianura retrostante e quindi nel rimanente territorio dell’attuale Friuli.
Ma sembra che già i primi abitanti di queste contrade -e qui entriamo nella leggenda: parliamo degli Eneti, popolo dedito principalmente all’agricoltura- avessero importato la vite dalla Grecia arricchendo così la loro agricoltura di questa importantissima pianta.
Il commercio dei prodotti della terra, infatti, doveva essere già a quel tempo molto frequente, se molti storici attribuiscono l’origine del nome Isonzo, dato al fiume principale, dal nome celtico “Esus“, considerato il protettore del commercio fluviale.
Tra gli scrittori più antichi testimoni della presenza e della rinomanza del vino della pianura goriziana possiamo citare Plinio il Vecchio che nella sua “Storia Naturale” XIV/6 nomina il Nobile Vino Pucinum. Lo storico Giuseppe Berini nella sua “Indagine sullo stato del Timavo e delle sue adiacenze al principio dell’Era Cristiana” stampata nel 1826 dice che nel 990 di Roma (237 d.C.) per ritardare l’avanzata del tiranno Massimino, gli Aquileiesi demolirono il ponte sull’Isonzo e Massimino lo sostituì con, “Vuoti arnasi di vino legati assieme e coperti di terriccio e fascine” raccolti nella pianura circostante.
Un altro storico Basilio Asquini nel suo “Ragguaglio geografico del territorio di Monfalcone nel Friuli” (Udine 1741) descrive il fiorire della vite:

“… ma in niuna cosa spicca maggiormente la meravigliosa attività di questo terreno, che nella produzione delle piante, le quali ben nutrite e perciò ricche, grosse e si incontrano quasi in ogni luogo: Singolarmente le Viti, delle quali ne di più Folte ne di più Feconde crediamo che in Tutto il Suo Impero possa Bacco vantare… Conservarsi inoltre agevolmente da un anno all’altro Senza Riportare dalla Stagione Calda ALCUN NOCUMENTO: qualvolta però serbati sieno in Fresche e Ben Custodite Cantine.
Ne’ tacere dobbiamo un Gran Privilegio, che mercè detti vini si godono quei abitanti, cioè di non essere mai soggetti alli calcoli…'”

Esistono documenti che parlano di vitigni tuttora coltivati, nel secolo 17° quando l’imperatore Leopoldo I donò il feudo di Cormòns alla famiglia Locatelli e precisamente la Tenuta di Angoris, già si nominano la Ribolla, il Refosco e il Verduzzo, questi ultimi due, attualmente, a Denominazione di Origine Controllata “Isonzo”.

a cura dell’agronomo, enologo e giornalista Claudio Fabbro

 


 

vino