la Fara longobarda

la Fara longobarda

Nella primavera del 568 d.C., i Longobardi giunsero sulla sponda dell’Isonzo, in prossimità del ponte sito presso la contemporanea località di Mainizza.
L’Impero romano d’Occidente sta conoscendo il suo disfacimento e sta subendo da tempo la pressione di popolazioni barbariche tra cui quella longobarda, discesa dalla Scandinavia e successivamente insediatasi sulle rive del Balaton, non rappresenta che l’ultima in ordine di comparizione.
Seguendo le vie certe lasciate dai romani, questa popolazione guidata dal duca Alboino dapprima raggiunse Emona –l’antica Lubiana- per poi discendere la valle del Frigidus (Vipacco) e, una volta attraversato il grande fiume, in prossimità della vicina zona collinare, fondarono una faramannia, cioè un presidio costituito da un gruppo di famiglie nobili, a difesa della posizione acquisita. Le opere difensive si attestarono sul colle San Michele e sul monte Fortino, probabilmente riutilizzando presidi fortificati romani. La strategicità di questo luogo aveva una duplice valenza: quella determinata dal presidio sul fiume e quella definita dal fatto di essere questo estremo luogo di confine, a difesa del ducato di Cividale.
La vicina Aquileia, che in realtà continuava ad esistere anche dopo la devastazione degli Unni, aveva perduto per sempre qualsiasi centralità strategica.
Il messaggio insito nella dottrina cristiana indusse dapprima regnanti come Agilulfo e Teodolinda ad abiurare all’arianesimo e, successivamente, molti altri longobardi. Tra questi, i dei tre fratelli Erfo, Anto e Marco figli di Pietro e Piltrude, duchi del Friuli che, abbracciata la fede, il 3 maggio 762 si fecero monaci e donarono ai monasteri di Salt di Povoletto e di Sesto al Reghena sostanze e averi, tra cui ‘Fara juxta turionem’, ossia l’originaria faramannia, sita in prossimità di una torre fortificata. Questo rappresenta il primo documento nel quale compare il toponimo che, nel corso dei secoli successivi, di ben poco sarebbe poi mutato.
Passeranno  un paio di secoli da questa data quando Farra sarà nuovamente nominata in un documento ufficiale : nel 967 il castello di Farra, da un altro atto promulgato nella chiesa di S. Severo a Ravenna, passa di proprietà da Annone al patriarca Rodoaldo di Aquileia, per esplicita volontà dell’imperatore Ottone I, re d’Italia.
Nel 1216, infine,  il conte di Gorizia Mainardo II, a seguito della disputa sulla proprietà del castrum con il patriarcato aquileiese, lo fece radere al suolo, assieme al ponte sull’Isonzo che, nell’arco della sua esistenza, aveva già conosciuto diverse demolizioni e successive ricostruzioni.


 

Farra d'Isonzo