Marin Sanudo

Marin Sanudo

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Adsit omnipotens deus

Itinerarium Marini Sanuti Leonardi filij patricij veneti itinerarium cum syndicis Terre firme

 

Così recitava nell’anno 1483 l’incipit del volume ‘Itinerario di Marin Sanudo per la terraferma veneziana’, che il cronista scrisse su un viaggio compiuto nei territori della Repubblica di Venezia, seguendo l’iter percorso dagli Auditori delle Sentenze.
Il loro compito, quali magistrati giudiziari, era la verifica dell’operato dei Rettori al governo delle città della Serenissima e il suo successivo resoconto alla Quarantia Civil Nova, uno dei massimi organi costituzionali.
Delle cinquantasette località visitate e dettagliatamente descritte dal Sanudo nei quasi sei mesi di viaggio tra terraferma veneta e Istria, durante i quali furono percorse quasi 1200 miglia,  non viene naturalmente tralasciata la città murata di Monfalcone e la sua Rocca, delle quali il diarista veneto fissò l’andamento delle poderose mura, dei torrioni a pianta rettangolare e del fossato nel disegno qui sotto riportato.

Cinquantasette località facenti parte d’una terraferma veneziana via via più estesa.
Difatti a Venezia, fino all’arrivo dei Turchi attorno alla metà del ‘400, poco importava d’altro che non fosse il grande controllo dei traffici marittimi. E il vettore principale dei commerci era da sempre rappresentato dal Mediterraneo.
La scoperta dell’America determinò lo spostamento dell’importanza delle rotte commerciali dal Mediterraneo orientale, di tradizionale controllo veneziano, a quello occidentale, sotto l’egida della Spagna: dal 1492 in poi, il potere commerciale della Serenissima inizia il suo periodo di declino, in stretta correlazione con l’importanza che il Nuovo Mondo stava progressivamente acquisendo.
Il mare di prima non era più la fortuna definitiva per ‪‎Venezia, che intuì subito l’importanza dell’entroterra, iniziando a considerarlo come terra vergine di conquista.
Le energie produttive, da quel momento in poi, divennero parzialmente quelle fornite dal mondo agricolo e lo stretto controllo anche giuridico di questa ‘nuova’ fonte di sussistenza, slegata dai commerci, diveniva dunque centrale.


Nel suo Itinerario, prima di lasciare Monfalcone per raggiungere l’Istria via mare, Marin Sanudo descrive così lo scomparso castello di Belforte, le cui rovine giacciono oggi sepolte sotto i depositi alluvinali alla foce del fiume Timavo.

… Et dovendo il zorno (dopo) per il tempo cativo dover star lì a San Zuane, deliberamo alcuni, zoè , Pisani, Io et altri dotori, in una barcheta andar, mia do in mar; a uno scoglio, sopra dil quale par le vestigia di uno castello che vi foe, overo torion tondo e tutto mazizo,  chiamato  Belguardo.   Quivi  è  dito,  avanti  i nostri avesse el Friul, fece fabricar uno ponte andava in terra apresso Mofalcon. Or dismontati, di lì a pocho vene uno grandissimo murmur di mar, et si levò fortuna,  adeo  fo  necessario  di  andar  di  sopra  dita torre…

Sanudo; Monfalcone; associazione culturale Lacus Timavi; Friuli Venezia Giulia

tra acque e miti del fiume Timavo (III parte)

tra acque e miti del fiume Timavo (III parte)

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Ora il bosco sacro delle risorgive del Timavo non c’è più mentre il sacello e il porto tutto sono ormai celati sotterra o dal fluire della corrente del fiume e di loro non resta che l’eco del ricordo.
Rimangono però le terme, le Terme Romane di Monfalcone, rase al suolo durante la Grande Guerra, ma che alla vigilia della conflagrazione ci avevano ridonato due donarii dedicati al Fonte. Si ritiene dunque che all’interno delle terme fosse collocato uno spazio consacrato ai poteri salutari legati al culto delle acque.

ambiente ipogeo delle terme monfalconesi | foto: Flavio Snidero

E nell’abside della chiesa rovinata di S. Giovanni rimangono tuttora murate dopo l’immenso turbine bellico le tre are sacre alla Speranza Augusta, che erano state deposte nel santuario del Timavo da visitatori stranieri per ottenuta guarigione.

ara murata nell’abside della chiesa di San Giovanni in Tuba

Nei primi secoli grigi del medio evo il luogo, conteso tra Bizantini e Longobardi, giacque abbandonato, poiché si era andato colmando il Catino (val Caina, antico nome della zona del Villaggo del Pescatore): tale, secondo alcune interpretazioni, era il toponimo, mentre altre propendono che vi fosse un riferimento alla catena che, una volta tesata, sbarrasse l’accesso al porto.
Intorno al Mille sorsero sulle rovine degli edifici romani la prima chiesa di S.Giovanni per opera del patriarca Ulderico di Aquileia e un cenobio, di cui poi si impadronirono i cavalieri e che poi scomparve, mentre i Veneziani si fortificarono sulla vicina isoletta di Belforte per sorvegliare il mare di Trieste.

Allora altre leggende fiorirono, come quella dello Scoglio di Dante pensoso sul mare e del fantasma della Dama Bianca di Duino.
Nel Timavo le genti giuliane riconoscono il loro Clitumno, sacro per gli antichi culti, per il beneficio delle sue linfe, per i miti e le storie del passato.
Dopo la Grande Guerra alla foce del Timavo è risorta la vita nelle nuove case, nella nuova chiesa, nello stabilimento del nuovo acquedotto di Trieste intitolato a Randaccio, in onore del quale è stato eretto un cippo nel sito ove egli cadde in battaglia.
Al margine della nuova strada sono incisi nel vivo masso i versi virgiliani del Timavo.
E’ rinata Monfalcone con i suoi cantieri, è resuscitato il castello di Duino, dalle cui macerie tra altri frammenti di lapidi e sculture si recuperarono parte di un secondo esemplare del basamento votivo di Sempronio Tuditano, l’ara dedicata al Timavo e un altro quarto altare alla dea Speranza, senza dubbio provenienti da quei santuari: frutti spontanei largiti dal classico suolo del Timavo e che ci invitavano e ancora ci invitano insistentemente a imprendere l’esplorazione archeologica anzitutto dell’area circostante i ruderi della chiesa del Battista, uno dei luoghi più suggestivi d’Italia.

Val Caina e antica linea di costa al Villaggio del Pescatore

tra acque e miti del fiume Timavo (I parte)

tra acque e miti del fiume Timavo (II parte)

a cura della prof.ssa Marisa Bernardis

Lagunamare | Sul Belforte e la zona del Lisert [febbraio-marzo 2014]

Lagunamare | Sul Belforte e la zona del Lisert [febbraio-marzo 2014]

rassegna stampa

Grazie al cortese interessamento dell’amico Marco di Rialtofil, sul numero di marzo di Lagunamare, rivista di Assonautica Venezia, si parla del Lisert, del Belforte e delle terme romane nell’intreccio di storia e suggestioni, in un articolo a cura della nostra Associazione.

Clicca QUI per l’articolo pubblicato su Lagunamare di febbraio/marzo 2014, dal titolo ‘Sul Belforte e la zona del Lisert’