La grotta delle Fate
Che cosa indusse Octavia Sperata a ringraziare i Fata, nella cui divinità si dipanava il Destino, quando appose un’aretta votiva in prossimità della grotta del Diavolo Zoppo, sulla perduta isola di Sant’Antonio?
E quale destino ha seguito questa scritta dedicatoria, involatasi pure dagli indici epigrafici, come la parola pronunciata dalla divinità?
Non lo sapremo mai.
Il fascino di questi rinvenimenti indiziari diviene ancor più appassionante alla luce degli spunti puramente antiquari sulla presenza di un Ninfeo alle bocche del Timavo, o semplicemente considerando le varie tracce epigrafiche riferibili alla frequentazione a fini curativi e sacrali del complesso termale.
Sono dello speleologo triestino Eugenio Boegan, appassionato studioso del mondo ipogeo e tra i fondatori della speleologia moderna, i primi rilievi condotti sulla scomparsa grotta del Diavolo Zoppo, in prossimità delle terme. Un luogo ritenuto da leggende locali dimora di creature delle sorgenti, a cui si deve il primo nome del complesso -ossia Grotta delle Fate- e a cui Octavia Sperata sciolse il voto.
Ciò lo si può evincere dall’epigrafe trascritta nella prima metà del ‘700 dal canonico Gian Domenico Bertoli su ‘Le Antichità di Aquileia’, rinvenuta probabilmente murata in una casa di San Giovanni di Duino, dallo storico Valvasor.
La grotta del Diavolo Zoppo oggi non esiste più.
Si trovava in prossimità delle terme romane di Monfalcone, alle pendici di quella collina di Sant’Antonio che un tempo ospitò la chiesetta dedicata al suo culto e che è stata lentamente erosa dalle esigenze del progresso, per le finalità produttive dell’industria sodiera Solvay. Si trattava d’una piccola cavità, sulla cui storia sono state intessute alcune suggestive leggende.
La discussa etimologia della parola Fata sembra confermare l’origine divina delle figure ad essa riferibili, accettando la sua derivazione dal latino fatum. Il fatum era appunto la parola pronunciata dalla divinità -e quindi il destino- derivando dal verbo fari, ossia dire, affermare in modo solenne. La tradizione rimanda alle tria Fata, le tre Parche depositarie del destino umano, corrispondenti alle Moire greche: raffigurate come tre tessitrici, Cloto filava il corso della vita, Lachesi lo avvolgeva su un fuso e Atropo lo troncava, inesorabilmente.
QUI, la storia di Sant’Antonio Abate e della statua lignea a lui dedicata
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